C’era una volta la “Gran Fondo delle Prealpi Venete e delle Piccole Dolomiti”. Si correva in provincia di Vicenza, a Cogollo del Cengio: un piccolo centro ai piedi dell’altipiano di Asiago dove la corsa disegnava ampia parte del proprio tracciato. Oltre a godere di un fascino particolare, la manifestazione vicentina si proponeva, soprattutto per i ciclisti veneti, come un validissimo banco di prova in vista di Gran Fondo di maggior blasone, ma di pari difficoltà. Sì, perché il percorso più impegnativo della “Gran Fondo delle Prealpi Venete” si articolava lungo 220 chilometri per circa 4500 metri di dislivello. Con questi numeri e in quegli anni, la corsa di Cogollo del Cengio, in calendario alla fine di giugno, si configurava come un test assai probante per chi, a luglio, aveva in programma di cimentarsi nella “Maratona delle Dolomiti” o nella “Fausto Coppi”. Il percorso della ”Gran Fondo delle Prealpi Venete”, infatti, non risparmiava ai granfondisti una dose industriale di salite. Si cominciava dal Monte Corno, per passare dal passo Vezzena, dal passo Coe e da quello di Valbona, senza tenere conto delle salite di minor prestigio, ma di immancabile impegno. Seguendo un copione già visto, anche la Gran Fondo di Cogollo, nata per un bacino d’utenza tutto locale, ha conosciuto un veloce declino proprio negli anni immediatamente successivi a quelli della sua massima visibilità. Dopo un certo numero di edizioni ben organizzate, ma limitate a una presenza solo veneta, nella prima metà degli anni ’90 gli organizzatori della “Gran Fondo delle Prealpi Venete” inserirono la manifestazione in uno dei pochi circuiti proposti ai cicloamatori di allora. Forse il circuito non era adatto alle potenzialità della corsa, forse gli organizzatori chiesero troppo alle loro possibilità, comunque sia, la corsa, dopo un paio di edizioni di buon richiamo nazionale, uscì inaspettatamente, ma definitivamente dal calendario granfondistico.