C’era una volta il “Giro cicloturistico della Toscana”. Si chiamava proprio così, anche se aveva prerogative più granfondistiche che non cicloturistiche. La manifestazione conobbe parecchie edizioni che le diedero una certa risonanza non solo a livello locale, ma anche in ambito nazionale. Potremmo definire il “Giro della Toscana” come l’antenato delle numerose manifestazioni che poi si organizzarono nella regione. Che, a suo tempo, la corsa avesse assunto un rilievo non indifferente lo testimonia la sua presenza, nel 1994, all’interno del programma del primo “Tour d’Italia”, uno dei progenitori dei moderni circuiti. Alcuni aspetti dell’edizione di quell’anno ci fanno capire quanta importanza avesse il “Giro cicloturistico della Toscana” nel mondo amatoriale di allora. Partenza e arrivo, infatti, non facevano riferimento a qualche località minore della regione, bensì al suo capoluogo e, inoltre, a uno dei suoi scorci più affascinati e di maggiore richiamo turistico: quel piazzale Michelangelo che, in seguito, sarebbe risultato difficile trasformare, anche solo per poche ore, nel punto di riferimento di una Gran Fondo. Da lì, invece, il 29 maggio del ’94 partì la quindicesima edizione del “Giro cicloturistico della Toscana”, che, nato nel 1980 agli albori del granfondismo, purtroppo non riuscì ad essere riproposto anche negli anni in cui il movimento assunse i connotati di diffusione e di popolarità che oggi conosciamo. I quasi 180 chilometri di quell’edizione toccavano alcuni dei luoghi più suggestivi dell’entroterra fiorentino. Dopo essere passata da Empoli, la corsa arrivava fino a Volterra, per proseguire verso San Gimignano, Barberino Val d’Elsa e San Casciano, prima di fare ritorno a Firenze. E, probabilmente, fu proprio l’ambizione di partire e arrivare in una città dell’importanza di Firenze che, con il passare del tempo, riuscì sempre più difficile da soddisfare, al punto che la corsa, dopo qualche anno, chiuse per sempre i battenti.