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I TROPPI INFORTUNI
di Gabriele Gentili
Uno dei problemi principali e forse passati un po’ sottobanco, nell’atletica italiana, è quello della sua gestione sanitaria. Il movimento italiano non ha mai avuto numeri molto alti di campioni ad altissimo livello, salvo forse nei “mitici” anni Ottanta quando abbiamo goduto di un eccezionale momento da parte delle nostre scuole di mezzofondo, degli ultimi bagliori di leggendo assolute come Mennea e Simeoni, dell’inesauribile serbatoio della marcia (anche grazie a una diffusione della specialità non universale come oggi). La crisi soprattutto di risultati nella quale l’atletica italiana si dibatte è ormai decennale e a questa molto ha contribuito anche la perdita o il forte ridimensionamento di alcune, anzi buona parte, delle poche stelle che siamo riusciti ad avere.
 
Emblematico il caso di Andrew Howe, uno dei massimi talenti puri della storia nazionale di questo sport, capace da junior di una clamorosa doppietta iridata fra 200 e lungo, arrivato all’argento iridato e all’oro europeo da assoluto, ma progressivamente fermato da infortuni e una loro gestione quantomeno discutibile. Basti ricordare il caso della Coppa Europa ad Annecy, quando Howe, già debilitato, venne schierato ugualmente sui 200 col risultato di riportare un infortunio molto più grave. E che dire di Daniele Greco? A Londra 2012 fu appassionate la sfida fra il giovane pugliese e Fabrizio Donato per il bronzo olimpico, andato a quest’ultimo: Greco però era giovanissimo, in rampa di lancio, ma anche in quel caso segnali di problemi fisici non vennero presi in sufficiente considerazione e ai Mondiali 2013 la rottura del tendine d’Achille ha tarpato le ali a un atleta che aveva tutto per vincere nella specialità che è la più delicata e fisicamente usurante fra tutte.
 
Anno dopo anno si sono moltiplicati i casi di infortuni e problemi fisici con i quali si è dovuto fare i conti, anche in questa stagione. Simbolico il caso di Davide Re, numero 1 italiano del giro di pista, grande speranza per avere finalmente un italiano in finale nei 400 alle Olimpiadi (mai accaduto), la cui stagione si è interrotta bruscamente a Stoccolma, per un problema muscolare in gara le cui avvisaglie durante il riscaldamento sono state ignorate. In quel caso, per sua stessa ammissione, è stato l’atleta a compiere una scelta sbagliata e per fortuna ciò è avvenuto in una stagione priva di grandi eventi e sufficientemente lontano nel tempo dall’appuntamento olimpico. Il ligure si è giustamente fermato, rimandando tutto al 2021, ma il suo caso non è unico.
 
Prendiamo Federica Del Buono (nella foto della homepage): grande talento del mezzofondo, già sul podio degli Europei indoor sui 1500, si è infortunata nel 2017. Per tre anni è letteralmente scomparsa dai radar, i problemi fisici si sono moltiplicati, ma la sua voglia di provarci non è mai venuta meno e considerando la sua giovane età con i tanti interessi che spesso distolgono dallo sport, questo è già un bel risultato. Quest’anno era pronta a riaffacciarsi nell’atletica che conta, poi il lockdown le ha consigliato di tornare sotto i ferri per risolvere finalmente e si spera definitivamente i problemi che aveva. La rivedremo nel 2021, una sua eventuale qualificazione olimpica avrebbe davvero il sapore di una resurrezione e varrebbe quanto una medaglia.
 
L’elenco degli atleti infortunatisi nel corso delle varie stagioni è lungo, superiore almeno in percentuale a quello di qualsiasi altro Paese. Anche campioni come Filippo Tortu riscontrano spesso problemi e bene fa il suo padre-allenatore Salvino a centellinarne gli impegni in base al suo stato fisico, evitando problemi più gravi per un talento eccezionale ma che deve fare i conti con un’intelaiatura muscolare che appare molto delicata. Il problema è che, a fronte di questa lunga serie di infortuni, il riserbo federale è totale, ben oltre i legittimi richiami dettati dalla privacy: quando un atleta di prima fascia si infortuna, viene dato non senza fatica (dovremmo dire fastidio?) qualche riferimento su che cosa è accaduto, poi le luci si spengono. In altri sport non è così: di un calciatore o un cestista si sa vita, morte e miracoli, ogni problema fisico viene analizzato fino allo sfinimento. Si dirà: ma quelli sono parti di una squadra nel caso del calcio addirittura di aziende quotate in borsa… Vero, ma perché allora lo stesso succede per i nuotatori? Gabriele Detti è rimasto fermo per tutto il 2019, ma subito si è saputo il perché e subito è stato comunicato che per la sua completa ripresa sarebbe stato necessario rimanere a guardare per tutto l’anno.
 
Qualcuno diceva: a volte pensar male è peccato, ma non si sbaglia. Sulla generale gestione sanitaria della nostra atletica di vertice bisognerebbe lavorare molto, aumentare la trasparenza, uscire dalla torre d’avorio nella quale i medici azzurri operano. Anche per evitare malevoli sospetti.
Credito foto: Giancarlo Colombo/Fidal
Sport Service S.r.l. Milano, Via Smareglia Antonio, 7