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UN MONDIALE AZZURRO PALLIDO
di Gabriele Gentili
Come leggere la presenza italiana ai Mondiali di atletica di Doha? I numeri sono impietosi: 31° posto nel medagliere con un bronzo, quello di Eleonora Anna Giorgi nella 50 Km di marcia (unica gara peraltro non presente nel programma olimpico), 26° nella classifica a punti basata sui piazzamenti in finale. Attendiamo un campione del mondo dal 2003, anno del trionfo di Giuseppe Gibilisco nel salto con l’asta a Parigi, praticamente una vita fa. L’Italia si è presentata a Doha con 65 elementi, comprese le riserve delle staffette: due terzi di essi non hanno superato il primo turno, solo in 8 casi sono arrivati miglioramenti del primato stagionale e in 3 di questi si è arrivati al record italiano, grazie alle due staffette veloci e alla splendida prova di Yemane Crippa (sotto nella foto) sui 10000 metri. Eppure...
...la spedizione, guardandola nel complesso soprattutto in relazione alle ultime (che fossero Olimpiadi, Mondiali, Europei) ha mostrato qualche segno di ripresa dell’atletica azzurra. Se negli ultimi anni si era vissuto nell’anonimato puro, questa volta qualcosa si è visto: l’accesso di Filippo Tortu (nella foto della homepage) alla finale dei 100 metri è un evento storico, solamente Pierfrancesco Pavoni nel 1987 era riuscito a tanto e il brianzolo ha ora tutte le possibilità di fare lo stesso a Tokyo, sfatando un tabù che vede l’Italia sempre assente dalla finale dei 100 metri, la gara regina delle Olimpiadi a prescindere dalla disciplina sportiva. Lo stesso dicasi per Davide Re, arrivato a soli 8 centesimi da una finale dei 400 che avrebbe avuto un sapore ugualmente storico. Crippa è stato autore di una gara commovente sui 10000, tenendo testa per 8 km ai campioni africani e poi puntando con decisione al record di Antibo, appartenente a un’altra generazione.

Nel complesso quella che esce fuori da Doha è un’atletica italiana che ha buoni elementi, il problema è che manca il campione assoluto, quello sul quale puntare decisamente per una medaglia d’oro, come invece tante altre nazioni hanno, vedi la Norvegia con Warholm, l’Olanda con la Hassan, atleti trainanti l’intero movimento. A oggi è davvero difficile pensare all’Italia presente sul podio olimpico, anche se una stagione senza problemi fisici per Gianmarco Tamberi potrebbe davvero ripresentarlo ai livelli del 2016, oppure un Massimo Stano nella marcia finalmente stabilizzato nella sua tecnica e non più guardato storto dai giudici.

Un discorso a parte lo meritano le staffette: due accessi in finale il che significa due passaporti per le Olimpiadi, due record italiani e prestazioni complessivamente di alto livello: a inizio anno era stato lanciato un progetto specifico, con stage di lavoro che hanno dato corposi frutti. E’ un’esperienza sulla quale servirebbe ragionare, perché lavorando in gruppo si può fare molto, sfruttando quel patrimonio dell’atletica italiana colpevolmente trascurato che risponde al nome dei centri federali.

Credito foto: giancarlo_colombo/Fidal

Credito foto homepage: giancarlo_colombo/Fidal

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