Siamo davvero sicuri che per importanza la Vuelta di Spagna sia la terza prova del calendario internazionale dopo Tour e Giro? La sensazione quando siamo al giro di boa della corsa spagnola è che la nuova conformazione del calendario abbia portato la Vuelta a essere un po’ la somma di quanto avvenuto nelle due precedenti gare e questo ne fa l’evento principale. A conti fatti manca solo Tom Dumoulin, l’olandese trionfatore della corsa rosa per vedere in Spagna tutto il meglio delle corse a tappe. Il percorso di gara oltretutto è stracolmo di sorprese, di trabocchetti, di passaggi adatti a imboscate e per questo la situazione si è delineata ben presto. Che cosa ha detto la prima metà della Vuelta? Innanzitutto che battere Chris Froome sarà davvero difficile, perché la sensazione è che il britannico, uscito vincitore ma non dominatore dall’ultimo Tour, sia in forma migliore rispetto a quella messa in mostra in Francia. La sua squadra come sempre lo asseconda schiacciando la corsa e imponendo un controllo che pur essendo pressante lascia spazio alle iniziative personali e a beneficiarne è lo spettacolo, che non è certo mancato. Froome è uscito dal Tour rinfrancato, non altrettanto si può dire di Romain Bardet e Warren Barguil, i due galletti francesi che danno quasi la sensazione di essere alla Vuelta perché costretti da obblighi di squadra, ma che sono solo la pallida controfigura degli scalatori visti in Francia. Barguil è riuscito a barcamenarsi con fatica e nell’ultima settimana potrebbe ancora piazzare un acuto, per Bardet appare difficile anche dare un segno tangibile della sua partecipazione. Finora il principale avversario di Froome è apparso, italiani a parte dei quali ci occuperemo fra poco, il colombiano Esteban Chavez, fortissimo in montagna, un corridore che appare la fotocopia del Quintana vincitore lo scorso anno, ma che ha dalla sua anche una certa inventiva, anche se Froome è riuscito già in un paio di occasioni a mettere in chiaro la sua supremazia. Bisognerà vedere però la sua tenuta alla terza settimana, come anche per la coppia della Bmc con Nicolas Roche (IRL) e Tejay Van Garderen (USA) che già dà segni di cedimento e raramente ha evitato di vivere una giornata no. Ed eccoci agli italiani. Vincenzo Nibali ha subito messo la sua firma sulla Vuelta con la bellissima impresa di Andorra, un contropiede finale che ha preso alla sprovvista anche Froome ritrovatosi con le gambe in croce. Successivamente però lo Squalo dello Stretto ha perso qualche manciata di secondi esattamente come gli avveniva al Giro, sembra quasi che le sue imprese siano espressione della sua indubbia classe e della sua eccezionale capacità nel “leggere” la corsa, ma che la condizione di forma non sia ancora all’apice come servirebbe. Stesso discorso per Fabio Aru, che però rispetto al siciliano è rimasto più discosto, rimanendo sempre nei quartieri alti senza però lasciare un segno. Anche per lui la terza settimana sarà decisiva, e magari un’alleanza fra i due grandi amici, ma in gara per squadre diverse, potrebbe anche favorirli nella caccia al podio. Infine ricordiamo la doppia vittoria di tappa con Matteo Trentin (sotto nella foto). |