Quando ero bambino le estati italiane arrivavano dall'atlantico, quando l'anticiclone delle Azzorre decideva di venire a visitare il nostro bel paese. I più fortunati andavano al mare o sui monti, ma anche chi rimaneva in città non soffriva il caldo torrido. Le temperature erano diverse e soprattutto l'afa maledetta rimaneva confinata nelle ore centrali della giornata e per periodi di tempo piuttosto precisi e limitati. La sera, quando il sole scivolava dietro i tetti dei palazzi più alti della città, l'aria si faceva più fresca e la mamma ci costringeva ad indossare il maglioncino di cotone perché ci voleva. Dopo ferragosto il primo temporale metteva veramente fine alla calura e salivamo tutti sul traghetto che ci trasportava lentamente verso la fine dell'estate. Oggi le cose sono cambiate. Il caro ed elegante anticiclone delle Azzorre ci snobba, e se ne sta rintanato dalle sue parti, al largo dell'Atlantico. Al suo posto, quello "Africano", o comunemente detto Gobbo di Algeri, esce dai suo confini e punta dritto verso di noi. Estende la sua lingua di fuoco fino alla Gran Bretagna portando il caldo del deserto e l'umidità delle foreste pluviali dentro le nostre case. Andare in bici in queste condizioni non è certo piacevole ma il ciclista consacrato e devoto, con la forza, la determinazione e la propensione al sacrificio estremo che ben conosciamo, entra nella sua tutina di lycra leggera, indossa un sotto casco adeguato e si tuffa nella fornace. I più prudenti fanno levatacce assurde, escono appena albeggia e riescono a sfruttare le ore più fresche. I meno mattinieri ma dotati di una discreta dose di incoscienza, saltano in sella col sole allo zenit, il completino nero, e menano come fabbri. Alla fine della sessione, avranno perso 25 litri di sudore, e ricominceranno ad urinare soltanto dopo 2 settimane. In compenso custodiranno l'illusione di aver ridotto il peso, almeno finché non avranno reintegrato tutti i liquidi persi. |