Semplice prologo al Tour de France? No, molto di più. Andare bene al Criterium du Dauphine è quasi obbligatorio per chi punta alla maglia gialla, per questo la corsa transalpina ha così tanto significato, ma molti campioni, Bernard Hinault in primis, avevano l’abitudine di vincere qui per poi ripetersi nella gara più importante. E’ indubitabile comunque che il Giro del Delfinato sia uno specchio importantissimo per stabilire le gerarchie pregara della corsa a tappe più ambita e famosa al mondo. Come escono allora dalla regione alpina francese i capitani attesi poi al Tour? Tutti i fari dell’attenzione erano puntati su Chris Froome, che al Tour andrà alla ricerca del poker e il britannico del Team Sky ha puntato unicamente a far crescere la sua condizione, facendo capire che al primo importante appuntamento del Tour, appena la strada si rizzerà sotto le ruote, lui ci sarà. Nessuna vittoria di tappa, quarta posizione in classifica finale, ma sensazioni estremamente positive per il nativo del Kenya. Non si può dire invece lo stesso per i due campioni spagnoli Alejandro Valverde e Alberto Contador, apparsi ancora in ritardo di condizione, poco appariscenti loro che sono abituati a lasciare sempre un marchio sulla corsa, anche se nella frazione a cronometro (ma erano solo 23,5 km) soprattutto il primo è sembrato ben calibrato. Chi è piaciuto molto, anche più del previsto considerando le traversie della prima parte di stagione, è stato Fabio Aru. Sempre protagonista, già molto attivo in montagna e capace di scatti che facevano male, il sardo ha chiuso al quinto posto anche perché ha corso rigorosamente in funzione del compagno di colori danese Jacob Fulgsang, un altro dei tanti nati nella mountain bike e divenuto nel tempo un professionista coi fiocchi. Indicativa in tal senso la sesta tappa, la più dura, dove il danese dell’Astana ha sfruttato appieno il lavoro di Aru per vincere la frazione e salire in testa alla classifica regolando allo sprint l’australiano Richie Porte, Froome e lo stesso Aru dando una sonora botta agli iberici. Fulgsang sarà al Tour molto più di un luogotenente per Aru, una vera alternativa per l’Astana capace di correre a due punte esattamente come farà la Movistar con Valverde e Quintana, ma l’esperienza insegna che una situazione del genere deve essere ben gestita per poter mettere davvero in difficoltà Froome, abituato a comandare il gruppo sin dall’inizio. Attenzione poi allo stesso Porte, apparso in grandissima forma: è vero, nei grandi giri il campione della Bmc ha sempre trovato le giornate no che l’hanno escluso dalla classifica, ma se sa gestirsi è pur sempre uno dei migliori nel difficile connubio fra cronometro e tappe di montagna. Il delfinato gli è sfuggito per soli 10”, dandogli quella carica di rabbia in più da portarsi dietro. Per il resto il Criterium du Dauphine ha messo in evidenza l’irlandese Daniel Martin (Quick Step) altro aspirante alla Top 10 al Tour mentre non ha particolarmente colpito Romain Bardet (AG2R-La Mondiale) considerato la punta dello schieramento di casa. Fra i velocisti bene Arnaud Demare (La Française des Jeux) ed è piaciuto anche il nostro Sonny Colbrelli (Bahrain Merida) spesso piazzato in volata e che potrebbe anche sorprendere mentre per Fabio ULissi (Uae Team Emirates) è arrivato un terzo posto parziale, troppo poco per il suo talento sempre poco sfruttato. |