Il Tour de France ha messo da parte la sua prima settimana ed è stata una settimana strapiena di motivi d’interesse, di alcuni dei quali avremmo sinceramente fatto a meno. La squalifica del campione del mondo Peter Sagan è stata solo la punta dell’iceberg di un Tour partito sotto una coltre di cattiveria alla quale contribuiscono anche le cervellotiche interpretazioni dei giudici, che non sembrano usare sempre gli stessi metri di giudizio. Ne scaturiscono così volate ai limiti del regolamento e screzi in corsa che, davanti alle telecamere, non danno una bella immagine del movimento e sappiamo bene quanto invece il ciclismo abbia in questo momento bisogno di immagini positive. La spalla di Froome ad Aru nel corso della tappa di Chambery, per “punire” uno scatto del sardo quando il britannico aveva problemi meccanici (un attacco subito rientrato, tanto che il leader dell’Astana è stato anche criticato per questo gesto di fair play seppur non immediato) accresce la sensazione di nervi molto tesi. Un altro aspetto emerso dalle prime tappe è l’alto numero di cadute, alcune delle quali molto gravi che hanno messo fuori gioco campioni come Valverde, Porte e Thomas, fatti che in un anno maledetto per il ciclismo con un numero impressionante di incidenti (non solo in gara, ma anche nel più semplice utilizzo della bicicletta) hanno avuto un’eco molto rilevante. Sarebbe forse il caso di riflettere su quanto c’è realmente di sicurezza nella più grande delle gare ciclistiche e quanto invece si potrebbe ancora fare, anche in termini di miglioramento degli strumenti a disposizione dei corridori, leggasi caschi. A metà strada dall’approdo agli Champs Elisée la sensazione è che il Tour abbia già scritto il suo canovaccio. Froome (nella foto) appare il più forte, proprio perché come i grandi passisti non si accontenta di fare la differenza contro il tempo ma tira fendenti anche in montagna. L’unico che finora gli ha dato filo da torcere è proprio il nostro Fabio Aru, eccezionale nella sua vittoria alla Belle Planche e che nell’attesissima tappa di Chambery ha corso con intelligenza capendo di non essere, vuoi per condizioni del giorno vuoi per condizioni dell’asfalto, nella giornata giusta per attaccare il capitano del Team Sky. Il divario fra i due è minimo e Froome ha perso per strada il suo luogotenente Thomas, mentre Aru sta trovando nel danese Fulgsang un grande alleato, in progresso di condizione. Stupisce come gli altri “pesci grossi” siano scomparsi: Porte come detto è fuori gioco, Quintana continua nella sua crisi palesata già al Giro e sembra soffrire l’assenza di Valverde, Contador ha sofferto più degli altri i ritmi infernali della tappa di Chambery. Il terzo incomodo appare a questo punto Romain Bardet, altro esponente della nouvelle vague transalpina: certo i tempi di Hinault e Fignon sono un’altra cosa, ma quel che colpisce positivamente è la sua sfrontatezza, che potrebbe farne una variabile impazzita sulle grandi vette. |