Una stagione appassionante. Il 2019 del ciclismo femminile ha sancito il dominio assoluto del movimento olandese, che ha instaurato un’autentica dittatura facendo leva su grandi talenti che, pur avendo ampiamente superato la trentina sono nel pieno della loro maturità come le due grandi regine Annemiek Van Vleuten e Anna Van Der Breggen, ma anche su campionesse più giovani e prettamente costruite per le classiche come Kirsten Wild (che abbina a questo le sue capacità di pistard numero 1 al mondo) e Lorena Wiebes, aggiungendo come ciliegina sulla torta il ritorno ai vertici della grande Marianne Vos. Trovare spazio in questo quadro di stelle è davvero difficile e proprio per questo il bilancio italiano può essere considerato ben più che soddisfacente, ma su questo torneremo più avanti.
Nel nostro computo abbiamo considerato tutte le gare del World Tour, più le prove titolate come Giochi e Campionati Europei e Campionati Mondiali per un totale di 28 gare. Ebbene, ben 17 di queste sono andate a una vincitrice olandese e questo dato più di tutti mostra la supremazia del ciclismo arancione. La numero 1 in assoluto è stata certamente la Van Vleuten, che ha inaugurato la stagione aggiudicandosi il successo alla Strade Bianche per poi portare a casa anche la Liegi-Bastogne-Liegi, confermarsi sul trono del Giro d’Italia (ossia la principale corsa a tappe del calendario internazionale femminile) e infine colmare la principale lacuna del suo palmarés, la conquista della maglia iridata al termine di una prova epica, infliggendo distacchi d’altri tempi alle sue rivali, Van Der Breggen in primis. Un particolare, guardando proprio alle prove titolate, emerge in maniera prepotente ed è il deciso cambio di rotta che le tante prime donne hanno mostrato indossando la maglia della nazionale, evitando finalmente di farsi la guerra per privilegiare un obiettivo comune. La stessa Van Der Breggen, nemica giurata della sua connazionale, in terra britannica ha corso come la migliore delle luogotenenti, accontentandosi alla fine della medaglia d’argento.
Tra le altre nazioni, l’unica capace di conquistare più di una vittoria – anzi ben 4 – è stata proprio l’Italia, grazie soprattutto alla più bella annata nella carriera di Marta Bastianelli, che dopo un 2018 già di per sé sontuoso con la conquista del titolo europeo ha colto ben 3 successi, dimostrando di essere la più valida alternativa alle campionesse olandesi anche su tracciati come il Giro delle Fiandre che fino a poco tempo fa venivano considerati indigesti alla campionessa laziale. La Bastianelli è una vera e propria cacciatrice di classiche come vorremmo tanto averne in campo maschile, il 2020 dovrà essere l’anno della riconferma, anche se, considerando le gare titolate come Olimpiadi e Mondiali, i tracciati appaiono troppo impegnativi per le sue caratteristiche. Il programma dell’anno d’altronde le propone molte alternative, sin dall’inizio della stagione.
Grazie ai tanti risultati ottenuti, l’Italia nel complesso ha colto l’obiettivo auspicato all’inizio dell’anno, ossia il raggiungimento del massimo target per le Olimpiadi, qualificando 4 atlete. Un poker che ora andrà costruito con attenzione, guardando soprattutto al percorso olimpico e al programma di avvicinamento all’appuntamento del Monte Fuji, al quale guarda con grande interesse Elisa Longo Borghini, reduce dal un 2019 nel complesso sufficiente, che l’ha vista spesso nelle prime posizioni ma più dedita all’aiuto alle compagne di squadra che alle proprie ambizioni personali. Il quinto posto mondiale però è un segnale, per il podio olimpico non andrà assolutamente trascurata.